In Italia, la diminuzione della fecondità, l’innalzamento della vita media e l’invecchiamento della popolazione hanno portato ad un cambiamento demografico ed economico che condiziona, inevitabilmente, lo stile di vita. Secondo i dati Istat, nel 2022, per la prima volta dall’unità di Italia, le nascite sono arrivate sotto la soglia delle 400mila unità. Inoltre, nel 1962 il tasso di crescita della popolazione ha registrato il suo valore più alto, per poi iniziare una lunga fase discendente che continua ancora. Nel 2022 il numero stimato di ultracentenari ha raggiunto il suo più alto livello storico. Oggi, un italiano su quattro ha almeno 65 anni e l’aspettativa di vita è di 81 anni per gli uomini e 85 per le donne. Di fatto l’indice di vecchiaia continua a crescere in maniera costante. Questa dinamica pone un aumento per la spesa pubblica per quanto riguarda le pensioni e le prestazioni destinate alla non autosufficienza e un aumento per la spesa privata a carico delle famiglie, che devono provvedere ai servizi domestici di assistenza e di cura, poiché solo il 15% di queste spese è garantito dallo Stato. C’è da considerare che il lavoro dei caregiver informali, stimati in circa 7 milioni, è estremamente impegnativo e comporta un elevato carico mentale ed economico.
Così l’offerta dei prodotti, dei beni e dei servizi da parte delle aziende ha modificato l’economia che, negli ultimi anni, si è adattata alla domanda generata dalla fascia di età over 65. Per essere in grado di supportare una popolazione anziana sempre più numerosa e longeva sarebbe necessario intervenire anche sul mercato del lavoro, puntando ad un aumento del numero di persone lavorativamente attive. Invece, il tasso di occupazione in Italia risulta ancora essere più basso rispetto alla media europea.
Date queste premesse, si potrebbe pensare che l’Italia non è un paese per vecchi, ma in realtà, a guardare bene, non è neanche un paese per giovani. Infatti, se da un lato lo Stato non garantisce sufficientemente assistenza agli over 65, da un altro, con l’aumento del costo della vita e la difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, i giovani vivono in una condizione difficile, senza tutele nè garanzie, in balìa di un futuro che non si può prevedere e un’insicurezza cronica che mette in crisi tutti i progetti per il futuro.
In Italia, le generazioni più giovani soffrono gli effetti di una crescente precarietà nel mondo del lavoro e le conseguenze di una grave crisi economica, ecologica e sociale. Ne risulta una profonda disillusione, un minore impegno, un mancato interesse e un vuoto esistenziale che finora la politica non è stata capace di colmare. Secondo i dati forniti da Eurostat, in Italia nel 2020 l’11,2% dei giovani lavoratori tra i 20 e i 29 anni viveva sotto la soglia di povertà relativa, cioè guadagnava meno di 10.519 euro all’anno e quindi meno di 876 euro al mese.
Uno spreco di risorse e di opportunità che mette a repentaglio il futuro dell’Italia.
Non esistono soluzioni immediate ed efficaci, ma sarebbe opportuno ripartire considerando che i giovani e gli anziani, costituiscono, ognuno per le proprie peculiarità e caratteristiche, un patrimonio di conoscenza, di forza e di capacità di innovazione, che, insieme, potrebbero contribuire allo sviluppo e al recupero economico e sociale del nostro Paese.