Anarchia - AI generata

Libertà, anarchia e intelligenza artificiale. Riflessioni sull’utopia.

“A ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le possibilità”

Questa è anarchia!” abbiamo sentito o usato questa frase per intendere che ci trovavamo in una situazione di totale disordine, assenza di regole o di rispetto, caos…

Gli anarchici di oggi, di fronte a questo pensiero, sorridono.

Senza voler fare un excursus sulla lunga storia dell’anarchia e dei movimenti anarchici (tra loro assai diversi nella teoria e nelle azioni), voglio prendere due spunti per ricondurli ad oggi.

Il primo punto è nell’etimologia della parola “anarchia” che viene dal greco ed è composta da due particelle “arché” (che vuol dire “potere, comando”) e la particella privativa “an” (che lo nega). Anarchia vuol dire “assenza di potere, mancanza di comando”. Per gli antichi greci si riferiva all’assenza di un potere politico ed era considerato un male da non augurarsi, ma l’idea anarchica ha viaggiato fino a noi senza modificare il significato, ma cambiando intenzioni.

Crediti foto: Wikimedia

Dai fondatori dei primi movimenti dell’inizio dell’800, gli anarchici ancora oggi auspicano una “assenza di potere” (per Proudhon assenza della trinità: potere dello Stato, della Chiesa e del Capitale), che non vuol dire disordine, ma ordine dettato dall’equità tra gli uomini.

Proudhon, pur essendo anarchico, adottò la massima del suo contemporaneo connazionale socialista, Lois Blanc: “A ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le possibilità”. (*)

Il pensiero di Proudhon e dei suoi successori è che con l’abolizione della proprietà privata e la produzione di ciò che serve a ciascuno, potrà esistere un mondo in cui gli esseri umani elevino se stessi e possano contribuire ad abolire guerre, dolore e sofferenza per arrivare ad una società in cui ciascuno è totalmente libero e non prevarica perché percepisce nell’altro un altro se stesso. (**)

E ciò che trovo interessante è che questo stesso pensiero di “uomo che si eleva” per raggiungere la piena libertà individuale, lo troviamo anche in molte filosofie antiche orientali (o religioni), per esempio nel libro tibetano dei morti, ovunque si parli di “costituzione settenaria” dell’uomo, o nell’induismo e nel buddismo dove l’uomo è responsabile di se stesso e del proprio destino in questa e nelle altre vite fino al raggiungimento del Nirvana.

E queste filosofie da noi così lontane, trovano comunque il loro corrispettivo nelle filosofie occidentali. In Plotino, per esempio, che vedeva nell’anima mundi l’afflato dell’unità di cui l’uomo era emanazione e questa emanazione permette agli uomini di riconoscersi uguali gli uni agli altri. Tutto questo secondo gli antichi, orientali o occidentali, e secondo i più moderni filosofi, a prescindere da come poteva avvenire, deve passare attraverso un’elevazione di pensiero che non può che partire dal “conosci te stesso”, arrivato a noi grazie al tempio di Delfi (culto di Apollo – iscrizione di cui le origini non sono documentate) e da una piena e totale rivoluzione culturale.

In tutto questo parlare di libertà anarchica, possibilità concreta o utopia, a me è venuto in mente il frastuono che oggi si è formato intorno alle intelligenze artificiali in un volo che vuole essere tutt’altro che pindarico. Ci poniamo oggi il dilemma etico, economico e sociale sull’impatto delle cosiddette intelligenze artificiali su attività e lavori che fino a poco tempo fa richiedevano molto studio e professionalità. Pensiamo al coding (traduzione in codice di programmi informatici), al disegno, alla scrittura di testi più o meno complessi, alla creazione di musica.

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Questo dilemma, che a mio avviso è giusto porsi, è però anche pleonastico e ci porterà ad un nulla di fatto perché la tecnologia andrà avanti con la nostra approvazione o senza. In realtà ce lo poniamo solo perché le persone che producono quel materiale che oggi potrebbe essere sostituito dall’azione di una AI si trovano a “perdere la loro fonte di guadagno” e vengono sostituiti da macchine.

In realtà però questa cosa avviene nell’umanità dalla scoperta del fuoco. E senza voler cercare esempi così lontani: cosa ha portato la rivoluzione industriale? E l’automazione in fabbrica? E l’inserimento di macchine agricole?

Tutte queste tecnologie, hanno “tolto la fonte di guadagno” a tanto lavoratori che sono stati sostituiti dalle macchine, ma queste macchine hanno però avuto bisogno di altri tipi di lavoratori (tecnici, ingegneri, architetti, meccanici, etc…). In realtà, anche qui, il problema è culturale, di spostamento delle competenze, oltre che politico e relativo alla gestione di queste macro-necessità.

Ho intenzionalmente parlato di “perdita di fonte di guadagno” e non di “lavoro” perché se, come credo, il “lavoro” nobilita l’essere umano, allora deve essere qualcosa di amato e che permetta di elevarsi, se non lo fa, ci rende uguali ad una macchina e quindi… sostituibili.

Il contadino con l’aratro a mano di un secolo fa impiegava tanti giorni e fatica in più rispetto al contadino di oggi che usa il trattore, ma il fatto di non farlo morire di fatica noi la viviamo come una conquista sociale e umana. E lo facciamo perché sappiamo che la sapienza è nel contadino, la sua conoscenza della terra, delle stagioni e delle coltivazioni è in lui, non nei mezzi che utilizza.

Se il contadino oggi ha guadagnato una vita migliore e meno faticosa dei suoi antenati, non pensiamo che sia “meno contadino” di loro.

Crediti foto: Pixabay – AI generative

Tornando al parallelo col le AI e volendo fare un esempio: un musicista che debba usare la sua arte per produrre un reddito per sopravvivere, per esempio le musichette di attese al telefono, non sarebbe molto più felice di poter usare una macchina per farlo? Mentre potrebbe dedicare il resto del suo tempo a produrre una musica di qualità umana a cui una macchina non può certo arrivare.

Per uccidere definitivamente Pindaro e riportare le mie riflessioni ad un solo filo conduttore, mi chiedo, anzi ci chiedo: quanto deve essere ideale il mondo in cui le AI possano contribuire a raggiungere il sogno anarchico (o religioso o filosofico) di libertà totale dalla necessità di “avere una fonte di guadagno” per permetterci di “lavorare per esprimere l’umanità che è in noi”?

Note

*) Questa frase non è di Marx, come ormai ovunque si legge. Karl Marx l’ha fatta sua all’interno del suo testo “La critica del programma gotico” e ha contribuito alla sua divulgazione, ma il buon vecchio zio Karl non può reclamarne il copyright. In realtà si hanno dei dubbi anche sull’attribuzione dell’origine a Blanc, c’è chi dice che anche lui l’abbia presa in prestito da altri. Ma è davvero così importante?

**) Come già detto esistono molte versioni di intendere il pensiero anarchico e molte correnti nell’attuarlo. Alcuni anarchici sono pacifisti, altri vogliono la rivoluzione armata… ma questo non è un trattato sull’anarchia!

Valentina Nardecchia

Cosa faccio in inKantata? Mi incanto e sogno. E faccio quello che serve: il tecnico, la scrittrice, la lettrice. Ho due colonne al mio fianco, Miriam ed Enza e con loro non ho paura di niente.

Sito web: valentinanardecchia.eu

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