1.Donne e fumetti/Femmes et BD:Suffragette e arti marziali/Suffragettes et arts martiaux

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(en français après les photos). A Blois, sulla Loira, si va in genere per visitare il famoso castello dalle scale di accesso elicoidali che mi ricordano i disegni di Escher pur essendo il progetto opera di Leonardo da Vinci. Ma della Blois rinascimentale e monumentale ne parlerò in un altro articolo mentre qui voglio raccontare dell’insolita visita al Musée de la BD, ovvero il Museo del Fumetto. In pieno centro, sotto il castello, e vicino al Musée d’Histoire Naturelle, questo spazio museale è ben organizzato e denso anche se piccolo in confronto all’omologo di Bruxelles che ricordo sempre come un’esperienza davvero unica.

Ciò che mi ha attirato soprattutto è stata la mostra che dal 6 settembre ha aperto e si terrà fino al 5 novembre. Il titolo ed il poster hanno subito colpito la mia attenzione: JUJITSUFFRAGETTES les Amazones de Londres, dall’omonimo titolo dell’album pubblicato nel 2020 da Delcourt. L’autore Clément Xavier e l’illustratrice Lisa Lugrin, hanno già firmato due album sulla storia popolare di Francia (Une Histoire populaire de la France, vol I et II) raccontando la costruzione della Tour Eiffel e della cattedrale di Notre Dame dal punto di vista degli operai e Geronimo, mémoire d’un résistant apache.

Ma cosa ha a che vedere il movimento delle suffragette con le arti marziali? Il binomio non è finzione ma storia e si riferisce alla vita di Edith Garrud, considerata come la prima formatrice di autodifesa femminile (in questo caso anche femminista). Nell’album si raccontano le lotte del movimento delle donne condotte da Emmeline Pankhurst che, con le loro azioni (Actions not Words), nei primi anni del XX secolo, subiscono la repressione violenta della polizia. Senza fermarsi neanche di fronte ai colpi e agli arresti, molte seguono il corso di Edith che decide di formare una sorta di guardia del corpo di Emmeline, un gruppo di donne addestrate al Jujitso e soprannominate Le Amazzoni. “Prima di imparare a battervi dovete disimparare a non battervi, a non reagire”, sprona Edith spiegando che la remissività e l’idea del sesso debole e fragile è il primo limite da affrontare. Questo sorprenderà anche gli uomini che non si aspettano una reazione fisica alle loro violenze. Facendo leva sulle gambe e le braccia, studiando l’equilibrio e la forza, queste donne si riappropriano del loro corpo per difendersi e ‘coprire’ le manifestanti durante le loro azioni.

Edith e suo marito si erano formati prima con Edward William Barton-Wright, primo professore di jujitso europeo ed inventore del bartitsu e, successivamente, con il maestro giapponese Sadakazu Uyenishi, a Soho. Nel 1908 Edith (nasce nel 1872 a Bath) comincia a formare le donne mentre 500.000 suffragette manifestano a Hyde Park per il diritto al voto: Emmeline è alla testa del movimento WSPU (Women’s Social and Political Union). Molte donne vengono arrestate e iniziano lo sciopero della fame in carcere; la repressione e il silenzio governativo ed informativo spinge le suffragette ad azioni più radicali: rompono vetrine, organizzano sabotaggi ed incendi. In una vetrina della mostra c’è la ricostruzione di un martello usato in una di queste azioni con la scritta “Meglio le vetrine rotte che le promesse non mantenute” ed il pannello della pagina dell’album che illustra e racconta questi fatti. Viene anche raccontata la morte di Emily Davison mentre tentava di agganciare una sciarpa del WSPU sulla criniera del cavallo concorrente per il re George V al derby reale di Epson.

Il gruppo delle Amazzoni, chiamate anche Jujtsufragette, entrano in azione dal 1913 contro la politica repressiva del governo Asquith e sono all’opera durante la Battaglia di Glasgow del 9 marzo e del Raid su Buckingham Palace del 24 maggio del 1914. L’entrata in guerra però fermerà il movimento che sospende le azioni anche se ci sarà al suo seno una spaccatura tra donne che reclamavano un’impegno politico più legato alla classe operaia e contro la guerra e chi invece vedeva nel conflitto la possibilità per le donne di entrare nel mondo lavorativo al posto degli uomini e mostrare di essere indispensabili al Paese. Alla fine della guerra viene infine promulgata la legge che permetteva alle donne di trent’anni di votare (nel 1928 sarà esteso a tutte le donne maggiorenni): un primo passo nella conquista del suffragio universale costato sangue e morti, come per la sorella di Emmeline, deceduta a causa delle ferite durante una manifestazione. Edith ha continuato ad insegnare jujitsu fino al 1925 anche perché le donne potessero difendersi dalle violenze coniugali, tema presente nell’album. Gli autori hanno infatto trascritto nei fumetti testimonianze attuali di donne vittime dei propri mariti e compagni nella pagina che illustra donne che assistono allo spettacolo di Edith “What every woman ought to know” (Ciò che ogni donna dovrebbe sapere) la cui versione in fotoromanzo appare poi nella rivista Health e Strength.

D’altra parte se il diritto al voto è ormai acquisito globalmente, il fenomeno del femminicidio e delle repressioni violente sulle donne che lottano per i loro diritti è di un’atroce attualità. Penso alla recente morte di Masha Amini, studentessa ventiduenne arrestata il 13 settembre a Teheran dalla polizia del buon costume perché non portava il velo in modo “adeguato”. Dopo tre giorni di coma, è deceduta senza che le autorità ammettessero la responsabilità delle violenze subite durante l’arresto ed il carcere. Quante altre donne dovranno morire perché venga riconsciuto il loro posto nel mondo come persone e non come esseri subalterni? Quali forme di lotta trovare oggi per raggiungere l’obiettivo come fu per l’arte marziale e il WSPU nella Gran Bretagna dei primi anni del Novecento? Perché la risposta non resti nel vento ben vengano intanto questi fumetti che ci ricordano la storia e la forza di tante donne esemplari.

Dallo spazio espositivo del museo si passa poi alle altre sale dove è tracciata la storia del fumetto, divisa per continenti ed arricchita da tavole da leggere e ri/scoprire. Un altro spazio espositivo, una sala lettura e una ludoteca tematica completano l’offerta di questo museo che si rivela davvero ricco ed interessante. Una visita ad un’ora e mezzo in treno da Parigi che può essere abbinata ad una marcia o una pedalata lungo il bel sentiero della Loira e una visita al castello!

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À Blois, sur la Loire, on visite normalement le célèbre château avec son escalier d’accès hélicoïdal qui me rappelle les dessins d’Escher même si le projet est l’œuvre de Léonard de Vinci. Mais je parlerai de la Renaissance et du patrimoine monumental de Blois dans un autre article, tandis qu’ici je veux vous parler de la visite insolite du Musée de la BD. En plein centre, sous le château, à proximité du Musée d’Histoire Naturelle, cet espace muséal est bien organisé et dense même s’il est petit en comparaison de son homologue bruxellois, dont je me souviens toujours comme d’une expérience vraiment unique.

Ce qui m’a particulièrement attiré, c’est l’exposition qui a été inaugurée le 6 septembre et qui se tiendra jusqu’au 5 novembre. Le titre et l’affiche ont immédiatement saisi mon attention : JUJITSUFFRAGETTES les Amazones de Londres, comme le titre de l’album sorti en 2020 chez Delcourt. L’auteur Clément Xavier et l’illustratrice Lisa Lugrin, ont déjà signé deux albums: Une Histoire populaire de la France, vol I et II racontant la construction de la Tour Eiffel et de la cathédrale Notre Dame du point de vue des ouvriers et Geronimo, mémoire d’un résistant apache.

Mais quel est le rapport entre le mouvement des suffragettes et les arts martiaux ? La combinaison n’est pas de la fiction mais c’est une histoire vraie et fait référence à la vie d’Edith Garrud, considérée comme la première à former les femmes à l’autodéfense (dans un but féministe). L’album retrace les luttes du mouvement des femmes mené par Emmeline Pankhurst qui, par leurs actions (Actions not Words) au début du 20ème siècle, ont subi une violente répression policière. Sans s’arrêter même face aux coups et aux arrestations, beaucoup suivent le parcours d’Edith qui décide de former une sorte de garde du corps d’Emmeline, un groupe de femmes formées au Jujitso et surnommées Les Amazones. “Avant d’apprendre à se battre, il faut désapprendre comment ne pas se battre, comment ne pas riposter”, exhorte Edith, expliquant que la soumission et l’idée du sexe faible et fragile est la première limite à surmonter. Cela surprendra même les hommes qui ne s’attendent pas à une réaction physique à leur violence. Utilisant leurs jambes et leurs bras, étudiant l’équilibre et la force, ces femmes se réapproprient de leur corps pour se défendre et protéger les manifestants pendant leurs actions.

Edith et son mari s’étaient d’abord entraînés avec Edward William Barton-Wright, le premier professeur européen de jujitso et inventeur du bartitsu, puis avec le maître japonais Sadakazu Uyenishi, à Soho. En 1908 (Edith est née en 1872 à Bath), elle commence à former des femmes alors que 500 000 suffragettes manifestent à Hyde Park pour le droit de vote: Emmeline dirige le mouvement WSPU (Women’s Social and Political Union). De nombreuses femmes sont arrêtées et entament des grèves de la faim en prison; la répression et le silence du gouvernement et des médias poussent les suffragettes à des actions plus radicales: elles brisent des vitrines, organisent des sabotages et allument des incendies. Dans une vitrine de l’exposition, on trouve la reconstitution d’un marteau utilisé lors de l’une de ces actions, avec l’inscription “Mieux vaut des fenêtres brisées que des promesses non tenues”, ainsi que le panneau de la page de l’album illustrant et racontant ces événements. On raconte également la mort d’Emily Davison alors qu’elle tentait d’accrocher une écharpe de la WSPU à la crinière du cheval concourant pour le roi George V lors du Royal Derby d’Epson.

Le groupe des Amazones, également appelées Jujtsufragettes, s’est mobilisé dès 1913 contre la politique répressive du gouvernement Asquith et était à l’œuvre lors de la bataille de Glasgow le 9 mars et du raid sur Buckingham Palace le 24 mai 1914. L’entrée en guerre, cependant, arrête le mouvement qui suspend les actions même s’il y a une scission en son sein entre les femmes qui réclament un engagement politique plus lié à la classe ouvrière et contre la guerre et celles qui au contraire voient dans le conflit la possibilité pour les femmes d’entrer dans le monde du travail à la place des hommes et de montrer qu’elles sont indispensables au pays. À la fin de la guerre est enfin promulguée la loi qui permet aux femmes de trente ans de voter (en 1928, elle sera étendue à toutes les femmes majeures): un premier pas dans la conquête du suffrage universel qui a coûté le sang et la mort, comme pour la sœur d’Emmeline, décédée à la suite de blessures lors d’une manifestation. Edith a continué d’enseigner le jujitsu jusqu’en 1925, notamment pour que les femmes puissent se défendre contre les violences conjugales, un thème aussi présent dans l’album. Les auteurs ont en effet transcrit des témoignages réels de femmes victimes de leurs maris et partenaires dans les bulles de la page illustrant les femmes assistant au spectacle d’Edith “What every woman ought to know”, dont la version photostory est ensuite parue dans le magazine Health and Strength.

D’ailleurs si le droit de vote est désormais globalement acquis, le phénomène des féminicides et de la répression violente à l’encontre des femmes qui luttent pour leurs droits est atrocement d’actualité. Je pense à la mort récente de Masha Amini, une étudiante de 22 ans arrêtée le 13 septembre à Téhéran par la police des mœurs parce qu’elle n’était pas correctement voilée. Après trois jours de coma, elle est morte sans que les autorités n’admettent leur responsabilité dans les violences qu’elle a subies lors de son arrestation et de son emprisonnement. Combien de femmes devront encore mourir pour que leur place dans le monde soit reconnue comme des personnes et non comme des êtres subordonnés? Quelles formes de lutte pouvons-nous trouver aujourd’hui qui contribuent comme pour l’art martial et le WSPU au début du 20ème siècle en Grande-Bretagne? Pour que la réponse ne reste pas dans le vent, nous apprecions ces bandes dessinées qui nous rappellent l’histoire et la force de tant de femmes exemplaires.

De l’espace d’exposition du musée, on passe ensuite aux autres salles où est retracée l’histoire de la bande dessinée, divisée par continents et enrichie de planches à lire et à redécouvrir. Un autre espace d’exposition, une salle de lecture et une ludothèque thématique complètent l’offre de ce musée, qui s’avère vraiment riche et intéressante. Une visite à une heure et demie de train de Paris qui peut être combinée avec une promenade à pied ou à vélo le long du magnifique chemin de la Loire et une visite du château !

P.

 

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