La grazia della “sgrazia”

Getting your Trinity Audio player ready...

Ricevo da parte di Loredana un omaggio ad un uomo speciale, lei lo vuole  condividere con le donne con lo zaino perché vale sempre la pena ricordare chi nel mondo ha lasciato una traccia di amore e bontà:

Non lo hai conosciuto, ma spero che queste parole riescano a fartelo immaginare. Un amico che ti sarebbe piaciuto.Se puoi porta la sua immagine nei tuoi buoni pensieri. Proteggiamolo, come lui protegge noi, che siamo simili tra noi e simili a lui. 

Franco Jula

Settimana scorsa:

Sono andata a trovare Franco:
Vederlo così è un grande dispiacere.
Eppure il suo modo di essere trapela ancora benissimo …. anche se non ha più denti e quasi non ha voce…. ma è vitale nei suoi movimenti spastici e negli occhioni…
Forse avrei voluto non vederlo, non cosí ….. 

Forse…
Ma il legame c’è e tira… e chiama.
Le immagini quotidiane di una quasi intera vita emergono…. 

Le sue sigarette, il suo triciclo che era il segno della sua libertà, di girare per tutto il quartiere alzando bene in alto il suo braccio per salutare: ”Sono qui, sono felice. Ciao!”
il suo stare fermo addossato di sghimbescio al muro fin quando stava in piedi…
Le sue grandi scarpe nere ortopediche da handicappatone …. gli scatti della sua vitale spasticità…
i suoi bronci….
Franco ha vissuto la nascita della Comunità fin dagli esordi, testimone di una storia incredibile. Una storia imponente che ora si va seppellendo sotto la polvere dei tempi meschini che cambiano, che vanno molto poco avanti e moltissimo indietro.
Ma quella storia allora era vivida, coraggiosa e nobile: era la storia della liberazione dei disabili la cui difformità era da nascondere agli occhi della gente normale, perché quella normalità non fosse disturbata dalla deformità e dalla differenza.
Franco era tra quelli passati dalla segregazione alla comunità, dal buio della solitudine alla luce di un cambiamento prima di allora assolutamente impensabile: molti di loro vivevano letteralmente chiusi in una stanza della casa perché erano l’onta, la malformazione da nascondere, fino alla colpa vergognosa di non avere concepito un figlio bello e sano. 

Riuscite voi giovani oggi, a immaginare?
Franco era, inoltre, unico nel suo genere, perspicace, signorile, di fine umorismo e capace di generare intorno a lui quell’affetto educato e intenso, semplice e naturale, senza nessuno scopo se non l’empatia:  quel legame apparentemente solo amichevole, ma sottile, forte, dolce e indistruttibile.
Per questo motivo molti di noi hanno con lui tanti cari ricordi …
Per me, in alcuni miei giorni neri, è stato l’unico capace di raccogliere le mie lacrime senza chiedere niente, solo dandomi delle manate sgraziate sulla testa …. “la grazia della sgrazia”….
Senza parole, gesti indimenticabili.
Erano manate tra la carezza e la randellata.
Tra la dolcezza della comprensione e la forza audace dell’incoraggiamento.
Davvero solo lui poteva farlo in quel modo: cosi veramente affettuoso e così veramente non retorico.
Franco aveva una sua gestualità indimenticabile: la sua carica espressiva faceva ormai corpo unico con le sue difficoltà di movimento e di coordinazione e ne usciva misteriosamente efficace, incredibilmente rafforzata proprio dagli ostacoli che doveva superare.
Non esiste vita cosiddetta  impegnata o vita culturale che ci possa dare quello che le persone si danno nella sacrosanta vita quotidiana, quella di tutti i giorni, dove “stare” è a volte più importante di “fare”, dove sai che la presenza e la sollecitudine reciproca è quasi scontata.
In quel cortile, dove Franco sostava per ore, al di la delle parole pubbliche/politiche, si calpestava il selciato in un andirivieni continuo di salute e malattia, di vita acciaccata e di vita riemersa, di soluzioni rabberciate, di difetti, diritti, doveri, bisogni, speranze, ambizioni, rabbie e indulgenze, ferite e stravaganze, consuetudini e anomalie, di tutti, nessuno escluso.
Una somma di imperfezioni umane che alimentavano una caldaia sempre in ebollizione. Vite ingegnate a superare se stesse, sempre in tensione per una sopravvivenza dignitosa. Insieme al desiderio legittimo di migliorare la propria condizione era considerata altrettanto importante e irrinunciabile l’ambizione a una strana insolita disordinata fratellanza, che imbastiva e a tratti illuminava tutto l’affaccendarsi.

Era quella parte sublime a cui nessuno voleva rinunciare. 

Una mescolanza che non ho potuto incontrare da nessun’altra parte….

La silhouette psicofisica di Franco Jula, corpo e viso e mani, era la nobile e carnale rappresentazione dell’idea enigmatica, ma non meno amabile, e davvero amata anche contro ogni travisamento, del suo e del nostro desiderio di un mondo buono. 

Franco Jula era esempio vivente di quel desiderio. 

E sempre per noi tutti ne sarà la personificazione.
Ciao Franco, se puoi, prega per tutti noi

Loredana Tamburrano

 

Raffaella Gambardella

Raffaella, appassionata narratrice, è una blogger che ha saputo rasformare le sue più grandi passioni – il cinema, i viaggi e la lettura – in una piattaforma vibrante e ispiratrice. Sin da piccola, è stata affascinata dalle storie: quelle raccontate sul grande schermo, lette nelle pagine di un libro o incontrate lungo il cammino nei suoi viaggi. Continua a intrecciare parole di donne in un cammino che non smette mai di arricchirla.

Articolo precedente

La Cina è vicina

Next Story

11.Donne e fumetti: Alison Bechdel