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Tra Draghi, Pittura e Body art Therapy
Anna Maria Mazzini, Nepi
Un amico appassionato di jazz ospita all’interno della sua trasmissione una clip dedicata alle storie di donne del nostro blog. Durante una serata di musica ha incontrato una donna speciale, Anna Maria Mazzini, e mi ha invitato a contattarla per parlare con lei di Body Art Therapy. Incuriosita, ripenso a varie mostre dove si ammiravano foto di magnifiche modelle ricoperte di colore e di disegni raffiguranti vari elementi tratti dalla natura: pianeti, stelle, alberi, fiori, utilizzando il corpo come mezzo di espressione, il loro, o quello dell’artista che le aveva pitturate. Non è proprio quello di cui si occupa Anna Maria e la invito a parlarmi di lei e della sua speciale forma di pittura sul corpo.
Anna Maria Mazzini:
Sono nata in una famiglia numerosa, entrambi i miei genitori amavano viaggiare e sin da piccoli ci hanno dato la possibilità di conoscere luoghi, situazioni e persone diverse, tra l’Italia, l’Europa, gli Stati Uniti, l’Australia, e l’Africa. Ci hanno permesso inoltre di coltivare le nostre passioni e scegliere il percorso di studi che preferivamo. Io ho scelto di studiare in un liceo artistico, per poi continuare i miei studi sulla pittura frequentando laboratori e accademie, affinando la mia arte e sperimentando tante tecniche, dai dipinti decorativi alla scultura. Ho studiato disegno attraverso la figura umana dove la donna era la protagonista. Così mi sono specializzata sui nudi femminili. Quando ho iniziato a dipingere, nei primi anni non avevo una modella a disposizione che potesse stare diverse ore ferma e immobile, perciò utilizzavo il mio corpo, studiando su di me l’anatomia e lo studio delle forme. Ero concentrata sul mio seno, e, so che sembrerà strano ma, in uno di questi dipinti, indicavo esattamente il punto dove si sarebbe formata, anni dopo, una massa tumorale, quasi ad anticipare inconsciamente, la malattia.Così accade, purtroppo. Un carcinoma alla mammella mi è venuto a visitare con tutto il suo terribile bagaglio di devastazione fisica e psichica. A cinque anni dalla terribile diagnosi mi sono scavata dentro profondamente e con coraggio mi sono chiesta, una volta in remissione, quale fosse lo scopo della mia vita. Il tumore ti cambia, il dolore ti cambia, la paura di morire ti cambia e ti avvicini a comprendere meglio anche il dolore dell’altro. Così ho voluto dare un senso alla mia malattia. I percorsi di terapia mi hanno portato a conoscere altre donne come me, operate di tumore al seno, condividendo con alcune di esse vari sport come la canoa polinesiana, il Kayak, il Dragon Boat e altre forme creative, come il canto, il teatro, e la scrittura.
Lo sport del Dragon boat si pratica in tutto il mondo, esistono circa trecento squadre di donne che lo praticano e ogni quattro anni si realizzano i campionati mondiali. Si tratta di una grandissima esperienza e opportunità per confrontarsi con le altre e mettersi in gioco dopo i duri allenamenti che ognuna, con divertimento ma con sacrificio, deve affrontare durante l’anno con gli allenamenti di almeno due volte a settimana, d’estate e d’inverno. Si tratta di gare vere e proprie che ti mettono in competizione per la medaglia d’oro, d’argento e di bronzo, esattamente come accade nelle olimpiadi.
Nel 1996 il Dott. Donald McKenzie, specializzato in medicina sportiva e fisiologica, realizzò il primo studio presso il Centro di Medicina Sportiva UBC (Università Britannica della Columbia), per approfondire e verificare la correttezza della teoria secondo la quale era necessario evitare attività sportive ripetitive che impegnassero la parte superiore del corpo, per prevenire il linfedema, un doloroso e inabilitante rigonfiamento delle braccia e del torace che si sviluppa spesso dopo un intervento di chirurgia al seno. In passato si riteneva che l’astenersi da un’attività fisica vigorosa fosse importante per prevenire il linfedema, perché, pensavano, che ogni sforzo o esercizio fisico, fosse controindicato.
Tra le tante ricerche mediche in materia il Dott. McKenzie non trovò alcun rapporto scientifico a tale teoria e così reclutò ventiquattro donne operate di tumore al seno, per far parte di un progetto sperimentale di preparazione in palestra seguita da allenamento su dragon boat.
L’obiettivo era ambizioso: dimostrare che lo sforzo fisico aiutava la riabilitazione a seguito dell’operazione. Decise dunque di fare esercitare le donne dando loro l’obiettivo di partecipare all’International Dragon Boat Festival del giugno di quell’anno che si svolgeva a Vancouver (Canada).
Le donne parteciparono, condussero la gara e nessuna di loro presentò in seguito linfedema. Nacque così il progetto “Abreast in a Boat”.
Un giorno, in occasione di una competizione, ho condiviso la stanza dell’albergo con una compagna di avventura (sventura?). Eravamo in trasferta per inaugurare una nuova squadra di Dragon boat. La mia compagna si stava osservando allo specchio mentre la porta del bagno era socchiusa. Mentre si spogliava piangeva nel guardare il suo seno mutilato riflesso nello specchio ed è stato proprio in quel momento che ho sentito il suo dolore come una freccia dritta nel mio cuore e, come per magia, ho visualizzato sul suo corpo un bellissimo dipinto, che nasceva su quel seno, trasformando con il colore, la malattia in un’opera d’arte. L’emozione di quel primo sguardo è stata sorprendente, intensa, travolgente. Ho sempre dipinto trasferendo le mie emozioni sulla tela, mai avrei immaginato che ad un certo punto della mia vita, queste tele potessero diventare i corpi mutilati delle donne operate di tumore al seno. Avevo sentito parlare di body art, pittura sul corpo, ma non l’avevo ancora mai messa in pratica. Così, visto la potenza e al tempo stesso anche la chiarezza di quel messaggio, ho preso informazioni, studiato, seguito dei corsi fino a sperimentare personalmente questa nuova forma di pittura direttamente con le donne che avessero avuto un tumore al seno e vivere la difficoltà di accettare quel cambiamento come conseguenza dell’intervento chirurgico di ricostruzione demolitiva o costruttiva. Nasce così la mia Associazione di promozione sociale per le donne operate di tumore al seno: la Body Art Therapy Italia:
https://www.bodyartherapyitalia.it
L’associazione si propone di ridare dignità ha un corpo offeso dalla malattia, accompagnare le donne nel loro risorgere emotivo, aiutarle a riscoprirsi e soprattutto, accettarsi diverse. Non sempre è possibile ricostruire un nuovo seno, quando si esce dalla sala operatoria, a volte si decide di affidarsi ad un chirurgo plastico ma serve tempo.
Io ho provato lo stesso disagio e capisco perfettamente queste donne. Per due anni, dopo l’intervento, non riuscivo nemmeno ad indossare una maglietta scollata, o peggio ancora, mettermi in costume da bagno. La cicatrice esteriore coincide con una ferita interna, mina nel profondo la femminilità. Io trasformo il seno mutilato in un’opera d’arte, vedo con i mei occhi quello che la donna soffre e lenisco tutto questo. A volte dura solo il tempo in cui permane il colore prima che l’acqua lo cancelli, ma sempre più di frequente la ferita, dopo il mio pennello si colora di speranza e di accettazione di sé. Sotto la doccia si scioglie il dipinto ma non l’esperienza che rimane indelebile perché vissuta tutto il giorno, fatta di continue, forti, improvvise e sorprendenti emozioni, insieme all’artista, la psicologa e il fotografo. Tutti professionisti volontari che donano le loro esperienze e competenze e che hanno la capacità straordinaria di mettere a proprio agio la donna che vive questa avventura e riscopre il coraggio. Coraggio per riaffrontare la sala operatoria per la ricostruzione del proprio seno, coraggio di vedersi bella e magari iscriversi in palestra, coraggio di desiderare di amarsi. In associazione arrivano moltissime donne da tutta Italia e quest’anno, con nostro grande orgoglio, una protagonista dell’edizione 2023, è arrivata dalla Romania. Abbiamo creato e realizzato un calendario con le foto di dodici donne,modelle, che diventeranno le protagoniste della seconda edizione nel 2023. Un progetto di raccolta fondi che aiuterà la ricerca, diffondendo messaggi di importanza sociale quali la prevenzione, i suggerimenti sulle cure personali.
Chiedo a Annamaria come sceglie le donne dei suoi calendari e mi dice che la donna viene scelta in una consulta tra lei e la psicologa, per capire le motivazioni, che l’hanno spinta a partecipare ad una selezione, attraverso il racconto della propria storia di malattia e ad alcune domande sull’argomento. Sicuramente la donna vive un disagio con la sua nuova immagine che spesso, come è visibile dalle fotografie, riporta un seno che ha subito un intervento di mastectomia radicale, o quadrantectomia, con conseguenze, talvolta devastanti. Dopodiché, la donna scelta e selezionata, raggiunge lo studio dell’artista. Insieme ad accoglierla c’è la psicologa e il fotografo, un buon caffè o una bevanda rinfrescante, uno spazio all’aperto nel verde, tra profumi di piante e fiori. La donna inizia da subito a vivere quel momento come uno spazio dedicato a lei soltanto. Inizia col raccontarci la sua vita, l’esperienza con la malattia e cosa l’ha spinta ad essere li. Poi, finalmente, a seno nudo, davanti ad una tela, già dipinta precedentemente e scelta appositamente dall’artista, inizia questo elaborato di pittura sul corpo.
Mentre il pennello scivola intriso di colori sulla pelle, dal viso fino a sfiorare e accarezzare il seno, un’infinità di emozioni iniziano ad affiorare e pervadere tutto lo spazio circostante. È tutto un divenire crescente di sensazioni forti che si vivono tutti assieme. A quel punto l’opera d’arte prende forma e in un batter d’occhi la donna è immersa in quella tela, quasi a confondersi con il quadro stesso. Quando finalmente si guarda allo specchio, lo “shock” finale. Inizialmente perché non si riconosce poi si vede un’opera d’arte. Ecco spuntare sul volto un sorriso compiacente, orgoglioso, fiero e si sente come non si è mai sentita dopo la malattia.
Alla fine, la doccia, che qualcuna pur di sentire ancora sulla pelle quella sensazione, non fa a studio ma preferisce fare a casa propria, affrontando tranquillamente i chilometri del ritorno per rimanere più a lungo possibile con quella sensazione di bellezza addosso.
Chi volesse diventare la protagonista della terza edizione nel 2024 può scrivere a info@bodyartherapyitalia.it
Anna Maria si anima nel raccontare del suo lavoro, della possibilità di rendersi utile, delle donne che lei sostiene e che a loro volta sostengono le altre, rese sorelle non dalla malattia ma dal desiderio di rinascere.
Sorride e conclude parlando del suo zaino fisico dove vorrebbe portare sempre con sé tutta la sua famiglia e i suoi animali: cani, gatti e galline.Lo svuoterebbe di tutto quello che è materiale per sentire solo le emozioni, potrebbe vivere di quelle e basta, perché hanno dato un senso alla sua vita.
Naturalmente non potrebbe mancare la sua musica, in special modo il jazz, e il teatro, che ha scoperto con la sua malattia e che la vedono protagonista sul palcoscenico a regalare ancora le sue emozioni al pubblico. Aggiunge che è in fase di preparazione una commedia teatrale scritta da Andrea Pergolari. L’idea dello spettacolo nasce da una serata al ristorante, da una lunga chiacchierata che vibra di emozioni : il racconto di una malattia diventa l’espressione di un’identità sommersa che invia segnali da decifrare. Lo spettacolo diventa quindi non soltanto la messinscena dell’eterno dualismo vita/morte, sanità/malattia, parte emersa/parte sommersa, ma anche e soprattutto il racconto di un’espressione artistica, di come la sensitività amplificata di un’artista possa fare da catalizzatore di impulsi misteriosi, captare percezioni che vadano al di là del sentire quotidiano.
https://www.facebook.com/tumorealseno


R.