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Valentina Amurri, Roma, Londra, Umbria
Secondo un abusato luogo comune, le donne non hanno senso dell’umorismo e non sanno ridere né, tantomeno, far ridere. Certo, ci sono formidabili donne attrici comiche del calibro di Monica Vitti e Franca Valeri, ma sono considerate delle eccezioni, senza parlare delle autrici che, secondo un pregiudizio, possono essere sempre e solo ideatrici di drammi. Perciò, quando un’amica comune mi fa conoscere Valentina Amurri, sono felicissima di ascoltarla raccontare il suo straordinario percorso di autrice che ha divertito e incantato migliaia di telespettatori:
Mio padre era un importante scrittore umorista, noto autore televisivo di varietà degli anni ’60 e ’70, perciò per casa girava continuamente gente dello spettacolo colta, intelligente e spiritosa. Fin da bambini io e i miei fratelli siamo stati educati all’uso e al culto dell’ironia e dell’intelligenza. Ai tempi del liceo ho deciso di entrare nel mondo dello spettacolo, ero appassionata di musica e ho cominciato a lavorare alla Rai preparando scalette musicali. Sceglievo i brani che dovevano andare in onda in base ai programmi, allora non c’erano i computer che selezionavano i pezzi a rotazione, era un lavoro manuale svolto da persone come me che sapevano come abbinare le musiche, non c’erano grandi successi da mandare per forza in onda come adesso. Nel frattempo ho partecipato alla nascita e allo sviluppo delle radio libere. Nel ’75 c’erano solo tre canali nazionali, ma stavano nascendo le prime radio indipendenti. Io, che ero una grande ‘smanettona’, nelle ricerche, tra le varie frequenze, mi sono imbattuta in voci nuove che non eravamo abituati ad ascoltare sulle radio tradizionali. Da lì a entrare a far parte di una di esse è stato un passo abbastanza veloce, quindi, accanto al lavoro retribuito, ho cominciato a collaborare con ‘Ondaradio 101’ come disc jockey’. Era tutto artigianale e volontaristico, si mettevano i dischi portati da casa, si montavano vecchi trasmettitori di terza o quarta mano e si andava in onda. ‘Ondaradio 101’ era una radio rock dove ho collaborato per un po’ finché mi sono perdutamente innamorata di un uomo che viveva a Londra e nel ’77 ho lasciato il mio lavoro per seguirlo. Lì Michael Pergolani, il mio compagno di allora, lavorava in una trasmissione per RAI2: ‘L’altra domenica’ di Renzo Arbore, un programma davvero alternativo. Londra era bella e stimolante ma, dopo un po’ di inattività, sono entrata in crisi, ero abituata a darmi da fare, volevo lavorare, avere una mia autonomia e ho cominciato a farlo con lui organizzando i servizi per ‘L’altra domenica’. Fu un’esperienza davvero divertente e formativa. A quei tempi, entrambi appassionati di musica, ascoltavamo la radio anche di notte e ci imbattemmo su ‘radio Caroline’, un’emittente radiofonica britannica, nata come radio pirata, installata su una nave, celebre per essere stata la prima ad aggirare il monopolio statale del settore, a quel tempo in mano alla BBC, poi messa fuori legge. Ebbi l’idea di intervistare i conduttori. In Inghilterra c’era una legge molto dura che perseguiva persino chi favoriva in qualche modo tali radio, perciò, per poterci mettere in contatto con loro, li inseguimmo per cinque mesi con appuntamenti telefonici settimanali. Finalmente una sera ci recammo, seguendo con mille cautele una macchina, e poi una barca, su una vecchia, rugginosa e fatiscente imbarcazione danese, ancorata fuori delle acque territoriali, nel mare del Nord. Tutto l’opposto di come me l’ero immaginata!
Dopo un anno di soggiorno londinese tornai a Roma per pensare alla mia carriera. Sapevo quale percorso volessi intraprendere già da quando avevo preso il diploma di maturità. Non avevo voluto continuare gli studi, allora credevo non mi servissero, oggi mi pento un po’ di quella scelta, avrei preferito aver completato la mia formazione all’Università, ma allora, giovane e inesperta, come molte della mia generazione, ero alla ricerca dell’indipendenza economica e volevo lavorare da subito. Ho ricominciato perciò in radio finché mi è stato offerto un contratto precario di tre mesi con TG1 per un programma, ‘Tam Tam’. Ero un po’ la giovane di bottega tuttofare: lavoravo, ascoltavo e imparavo. C’erano in redazione molti di quelli che poi sono diventati famosi giornalisti: Pietro Badaloni, il caporedattore Bruno Vespa, Paolo Fraiese. Io frequentavo i corridoi dove mi divertivo ad ascoltare le trame di palazzo, ero sveglia, parlavo correntemente inglese e molti mi chiesero se volessi fare la giornalista. Rimasi interdetta quando mi dissero che per fare carriera avrei dovuto iscrivermi a questo o a quel partito, per me era una vera novità la commistione tra tivù di stato e politica. Ovviamente non mi iscrissi a nulla e cominciai a partecipare ad altri programmi fino ad arrivare ad una trasmissione che era nelle mie corde, dove per la prima volta andavano in onda i video musicali: ‘Mister Fantasy – Musica da vedere’, una specie di rotocalco televisivo dedicato alla musica rock, ideato da Paolo Giaccio e condotto da Carlo Massarini.
Valentina sostiene che in quel periodo si sentiva davvero nel posto giusto, in un mondo che sentiva suo. Aveva imparato il mestiere sul campo, facendo la gavetta, “la tv si impara se la si fa “. Ora il lavoro è più standardizzato, ma quando lei ha cominciato era appreso da chi ne sapeva più di lei. Ha partecipato in seguito a ‘Italia sera’, un programma preserale di informazione e spettacolo trasmesso quotidianamente su Rai1 con Mino Damato e Enrica Bonaccorti. Lavorava come semplice redattrice, facendo un po’ di tutto, dalle fotocopie alla stesura dei testi, alla regia dei collegamenti esterni: per quattro anni è stata la sua università di televisione. Era giovane e carina, avrebbe potuto andare in video, ma sentiva che non era per lei, preferiva stare dietro le quinte. Fu allora che, mentre lavorava alla trasmissione, venne notata, insieme a Serena Dandini, da Bruno Voglino, un dirigente che stava per passare a Rai3. Presto le due, insieme a Linda Brunetta, cominciarono una stimolante avventura. Allora Angelo Guglielmi era appena diventato direttore di Rai3 e aveva portato in azienda una nuova ventata di sperimentazione, tante idee innovative e molte facce nuove. Credette nel trio creativo e affidò loro un programma di sole donne:
Mi proposero di passare da redattrice ad autrice e colsi al volo l’occasione. Cominciammo a recarci in tutti i teatri off e non off, Linda a Milano, noi a Roma: – Ci sono comiche donne?- chiedevamo ovunque e riuscimmo a trovare tante attrici poi divenute famose: Maria Amelia Monti, Francesca Reggiani, Cinzia Leone, Sabina Guzzanti, Monica Scattini ed altre. Ideammo una satira di costume imperniata su come le donne si vedono e come vengono viste dagli altri. Con l’ironia e l’autoironia volevamo smascherare molti luoghi comuni sul sesso femminile, soprattutto parodiando con una grandissima Angela Finocchiaro le pubblicità “al femminile” che giravano in quel periodo: assorbenti con cui puoi fare tutto, creme miracolose, detersivi presentati come l’unica soluzione per rendere felice e appagata qualsiasi casalinga. Al debutto sentimmo addosso una grande paura, avevamo una grossa responsabilità: fare dodici puntate. Invademmo Torino, città sabauda ingessata ; i cameramen, a differenza di Roma, erano tutti con i camici bianchi: era tutto preciso e sottoposto a regole ferree anche per prendere il caffè. Con venti attrici giovanissime, ognuna con le sue problematiche, e noi con le nostre insicurezze, ci dissero che, per vedere se gli sketches potevano funzionare, avremmo dovuto spiare le reazioni dei tecnici. Ahimè, loro restavano impassibili davanti alle battute e noi pensammo di avere fallito. Nonostante questi timori, il programma andò molto bene, e ci confermarono per un’altra edizione, sempre a Torino.
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“La TV delle ragazze”, con un cast tutto al femminile, durò due stagioni e lasciò il segno nella memoria e nella storia della televisione italiana. Il programma dimostrò che le donne sanno ridere degli altri e di se stesse, sanno lavorare in gruppo ed usare in modo sapiente l’ironia:
Alla fine del programma portammo un’altra proposta: “Scusate l’interruzione”, un finto talk show. Era una presa in giro del Maurizio Costanzo show, dove Serena Dandini era la ‘host’. Tra i tanti attori e attrici geniali, ricordo Corrado Guzzanti che lì debuttò con il suo fenomenale “reggista de paura”, Rocco Smithersons. Eravamo comunque sempre sotto giudizio, in un mondo quasi completamente maschile, perciò dovevamo essere combattive e agguerrite, difenderci con le unghie e con i denti, non ci facemmo mai mettere i piedi in testa. Ci chiamavano il ‘triumvirago’.
In seguito avemmo un’altra idea, che ci fece entrare con tutte le scarpe nella satira politica. Nacque ‘Avanzi ‘che si propose come una trasmissione nella quale potevano trovare spazio gli ‘scarti e gli scartati’ della televisione italiana: attori senza ingaggio, pubblicità rifiutate dalla committenza, servizi giornalistici censurati e dunque mai messi in onda, programmi di immaginarie televisioni locali rimaste senza frequenze.
Allo show partecipò lo stesso gruppo di comici dei due precedenti programmi di Valentina, insieme a nuovi attori. La trasmissione ebbe un successo inaspettato e, a partire dalla seconda edizione, si spostò progressivamente dalla satira sulla TV a quella politica e di costume:
Eravamo sempre chiuse in studio, perciò ignare dell’andamento degli ascolti. Una sera un’amica mi propose:- Vieni a vederlo a casa mia-. Mi ritrovai in un gruppo di ascolto della trasmissione e scoprii che di gruppi come quello ne erano stati creati numerosi. Mi resi conto allora che il programma era diventato di culto. Eravamo famose, ci intervistavano e ci chiamavano giornalisti di varie testate per delle interviste strane:- Che ne pensi degli amori a distanza? – Che posizione hai nei confronti del pudore adolescenziale?- e altre domande bizzarre per le quali ci chiedevano di avere un’opinione su tutto.
https://www.raiplay.it/programmi/avanzi
Dopo la stagione finale, il programma riaprì i battenti con un format più o meno simile, ‘Tunnel’, trasmesso in prima serata. Era una trasmissione ancora più politicizzata; stavano cambiando le cose, i loro sketch erano satiricamente pungenti, era l’anno della vittoria di Berlusconi alle elezioni. La scenografia del programma partiva dal titolo, un tunnel pieno di ragnatele di una metropolitana mai finita di costruire, una vecchia galleria da cui affioravano i pezzi moribondi della prima Repubblica e una nuova galleria con in fondo una luce. Era una metafora della situazione politica italiana del periodo, post-Tangentopoli e pre-Seconda Repubblica:
Dopo ‘Tunnel ‘il gruppo si è un po’ sbandato e ci siamo divise. Io mi sono cimentata prima insieme ai Broncoviz (Marcello Cesena, Maurizio Crozza, Carla Signoris, Ugo Dighero e Mauro Pirovano) con un programma comico sul cinema: ‘Hollywood party’, parodia folle di film e generi cinematografici in occasione del centenario della nascita del cinema. In seguito, con Linda, abbiamo ideato per Rai 2 una sitcom: ‘Disokkupati’. Era una cosa forte, un esperimento andato davvero bene, con un milione di spettatori a sera. Una sera il TG1 non andò in onda per dare spazio a un’opera lirica, e in quell’occasione ottenemmo un’audience di quattro milioni: da quel momento divenne una trasmissione molto seguita. Era una strana sitcom, che metteva in scena in modo paradossale e surreale una situazione molto attuale: un pensionato per arrotondare la sua misera pensione decideva di subaffittare ogni buco della sua piccola casa, divano, bagno, cucina, persino lo sgabuzzino e i pensili, a dei giovani disoccupati, che ben presto sfruttavano la sua unica magra entrata, mentre cercavano un lavoro che non si concretizzava mai. Nel frattempo ero rimasta incinta, i tecnici mi prendevano in giro -Valentina, tuo figlio nascerà solo se sentirà dire: ’Azione!’-, ho lavorato infatti fino al settimo mese. Volevo partorire in un luogo sicuro come un ospedale ma non eccessivamente medicalizzato. C’era una clinica di Roma dove si poteva effettuare un parto in modo naturale, in acqua. Recatami dal primario mi chiese: – Quanti anni ha ? -40. – risposi. -Ah no, lei non può, è una primipara attempata, è troppo pericoloso!- Delusa, mi recai al Fatebenefratelli dove, alla faccia di quel primario e della mia ”attempatezza” partorii in sole due ore. Non ricordo se qualcuno effettivamente ordinò: ”Azione!”
Avevo notato, quando avevo fatto “La TV ragazze”, come per le mie colleghe fosse estremamente difficile gestire i figli conciliando l’essere mamma con il mestiere d’autrice e mi ero sempre ripromessa di non fare come loro, pertanto smisi di lavorare per cinque anni per seguire la crescita del bambino. Tutti si stupirono ma ero contenta della mia scelta. Ricominciare dopo tanto tempo è stato molto duro, io ho sempre lavorato su idee mie, non sono un’autrice che lavora su commissione, faccio solo ciò che nasce da me. Piazzai un programma su un canale satellitare Rai, “Manuale per aspiranti comici”, poi collaborai a varie piccole trasmissioni, sempre sui canali satellitari. In seguito ottenni la direzione artistica di un nuovo canale di comicità, Comedy Central, dove fui scelta perché cercavano qualcuno che potesse avere le competenze adatte. Non li delusi, e riuscii a far partire quattro produzioni in un anno.
Tornai poi alla radio, mio primo amore, realizzando con Luca Barbarossa ‘Radio2 social club’, un varietà di musica dal vivo e arte varia. In ogni trasmissione un cantante veniva a esibirsi e ad essere intervistato, insieme a un regista, a uno scrittore e a un personaggio pubblico. Si creavano, come in un ‘social club’, delle interazioni interessanti e divertenti tra ospiti che magari non si conoscevano. Anche quella fu una bella esperienza che mi riportò a contatto con la musica, abbandonata per la satira. Dopo sette anni in radio, ho cercato altre strade: era inusuale per me restare così a lungo su un progetto uguale a se stesso.
Con il trentennale della TV delle ragazze sono tornata a collaborare con Serena e con Linda e abbiamo ideato un programma che non voleva essere un’autocelebrazione ma uno sguardo sulle donne di oggi, anche attraverso il repertorio, tragicomicamente ancora attuale dopo tre decenni, e mettendo in contatto vecchie e nuove leve della comicità. In quella occasione è stato inventato il personaggio della ‘mamma elicottero’ che non permette ai figli di sbagliare per conto loro: – Ah, i miei figli fanno quello che vogliono!- affermava la mamma, per poi sparire dall’inquadratura, correre e svolazzare per intervenire su qualsiasi cosa stesse facendo il figlio e dare consigli su tutto, con la fidanzata, al bar, sul campo di calcio. Era tutto un paradosso, ma ci si riconobbero molti genitori che avevano la continua spinta ad appianare ogni ostacolo per i propri figli.
Altro spunto di Valentina, fu ’La donna invisibile’ con Angela Finocchiaro che metteva il punto sull’invisibilità delle donne dopo i sessant’anni. Racconta che il personaggio le è venuto in mente quando, su una nave, rientrando dalla Sardegna, cercava ripetutamente l’attenzione di un cameriere il cui sguardo scivolava sempre al di là della sua persona, nonostante lei chiedesse insistentemente alcune informazioni.
Dopo il successo della riedizione de “La TV delle ragazze”, Valentina ha lavorato ancora con Serena Dandini (e con Sabina Guzzanti, Neri Marcorè, Lucia Ocone e molti altri) a “Stati Generali”, un programma di prima serata prettamente satirico, fino al gennaio 2020. L’intenzione era di proporre annualmente gli Stati Generali, come una sorta di bilancio satirico periodico sulla situazione del Paese, ma la pandemia ha scombinato i piani.
https://www.raiplay.it/programmi/statigenerali
Quando le chiedo cosa fa adesso, lei risponde di avere tante idee: pensa, scrive, legge, anche se meno di quanto facesse prima, si sente un po’ vittima dei cellulari, non viaggia come le piacerebbe. In passato partiva spesso con il suo ex compagno in lunghi viaggi non organizzati, a volte spartani ma, da quando è separata, le manca quel modo di muoversi. Conta di intraprendere presto nuove avventure, sia lavorative che non, magari anche cimentandosi in qualche cammino a piedi, cosa che la attira da anni:
Leggendo il vostro blog, mi sembra che il vostro spirito sia simile al mio. Spero quindi di poter viaggiare di nuovo anche io, di ricominciare a partire per nuove mete. Per ora mi divido tra Roma e l’ Umbria , dove ho una casa in campagna, il mio sogno di quando avevo vent’anni, la mia croce e delizia. Mi piace stare qui nella natura, ma quando ho deciso di costruire una casa in campagna non immaginavo quanto impegno richiedesse. Mio figlio vive a Trento da quattro anni, la sua partenza per l’università ha lasciato un grande vuoto nella mia vita, e anche se mi trattengo dal volteggiare sopra la sua testa stile Mamma Elicottero, penso con nostalgia al tempo in cui lui era piccolo. Insieme ridevamo a crepapelle, con lui provavo una grande leggerezza. A volte, quando scherzavamo, non sempre capiva la mia ironia ma ho cercato comunque di trasmettergliela, come facevano con me i miei genitori quando vivevo in famiglia. E ho un’arma segreta per quando non si fa vivo per un po’ di giorni: gli mando una foto dei nostri tre gatti e risponde subito!
Valentina mi saluta, ha suonato alla sua porta un’amica per ritirare delle bottiglie dell’olio che lei produce per uso personale. Conclude così:
Sapere applicare l’ironia ai fatti della vita è una cosa fondamentale, quando la si acquisisce porta a vedere tutto con altri occhi. Vorrei tornare a vivere con più leggerezza, ritrovare il non pensare troppo, imparare cose nuove ed eliminare le zavorre. Mi trovo sempre invischiata in doveri: sono la primogenita e devo occuparmi di molte faccende familiari. Vorrei recuperare una dimensione ‘care free’, tornare a ridere e a far ridere, sicura che ‘una risata ci solleverà’.

R.