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(en français après) Tra critiche positive ed altre meno entusiastiche, molto si è già detto in Francia sul romanzo di Delphine de Vigan, appena pubblicato in Italia con il titolo Tutto per i bambini. Certo è che questo libro è indispensabile perché apre una finestra sul mondo dei Vlog (Video Blog) e dell’utilizzo dei minori in questi canali autoprodotti quasi sempre a carattere familiare. Anche chi non è del tutto a digiuno dei social media e li frequenta moderatamente può, come me, non essere a conoscenza di questo fenomeno e delle sue implicazioni legali e sociali. Una buona ragione per leggerlo dunque, oltre al fatto che Delphine de Vigan firma, anche in questo caso, un romanzo ben scritto e confezionato per la fine costruzione psicologica dei personaggi e dell’intreccio che gioca magistralmente sull’elemento tempo.
La narrazione si snoda alternando i verbali di Clara Roussel, una giovane poliziotta, responsabile delle indagini per la Brigata Criminale di Parigi sulla scomparsa di Kimmy, figlia di Mélanie Diore, mamma/imprenditrice e creatrice del canale Happy Recrée, ed il racconto dell’origine e l’evoluzione di questa sovraesposizione mediatica.
Dai rapporti/verbali di Clara, che visiona le stories pubblicate nel corso degli anni da Mélanie alla ricerca di un indizio, si dipana la ricostruzione degli anni precedenti in un flashback alternato con lo svolgimento, al presente, delle indagini per il ritrovamento della bimba scomparsa. In questo modo l’autrice sviluppa la psicologia delle due protagoniste, Clara e Mélanie, due donne che rappresentano due mondi lontani e diversi per storia e personalità. La prima è orfana di due ex-sessantottini, cresciuta senza televisione, tra manifestazioni politiche e una comunità di adulti impegnati e solidali; l’altra vive in provincia, da dove sogna di fuggire e diventare famosa sullo schermo. Clara, laureata in Legge alla Sorbona supera il concorso per diventare poliziotta. La scrittura di Delphine de Vigan non manca di umorismo nel tratteggiare gli ambienti virtuali e reali degli ultimi decenni. Tra le riflessioni di Clara, c’è il ricordo di quando, giovane studentessa, viveva in coabitazione con una coppia di cui comprende le tendenze omosessuali e la relativa scelta di una copertura per le rispettive famiglie tradizionali. Si rende conto allora delle diversità dei vari mondi quando capisce che i suoi genitori avrebbero accettato più facilemente la scelta di diventare lesbica piuttosto che poliziotta. Comprende anche la fragilità della vita dalla sua storia personale: il padre subisce un incidente stradale mortale andando a comprare i croissants per la colazione e la madre muore l’anno seguente per un aneurisma. Continua ad avere la percezione di quanto tutto possa cambiare in un secondo anche nella sua vita professionale, con le indagini sui casi criminali più difficili che risolve da anni raccogliendo indizi e prove grazie alla sua capacità di osservazione, analisi e deduzione.
Mélanie adolescente, dal canto suo, guarda gli emergenti reality show come Loft Story, di nascosto dai suoi genitori che militano in un’associazione che ne contrasta la diffusione. A 15 anni segue, con altri 11 milioni di telespettatori, la finale del programma amato e sogna di diventare una star come la vincitrice. Dopo il diploma si iscrive all’università a Parigi per studiare inglese e sfuggire al mondo provinciale; per mantenersi trova un lavoretto in un’agenzia di viaggi. Poi interrompe gli studi e lavora a tempo pieno tornando nel suo miniappartamento la sera per seguire tutti i reality show trasmessi finché decide, a ventisei anni, di tentare la fortuna e partecipare a Rendez-vous dans le noir, trasmissione andata in onda dal 16 aprile 2010 all’11 aprile 2014. Si presenta al colloquio in seguito al qualeviene ammessa dopo averle chiesto se fosse ancora vergine. Questo elemento però la blocca mentre la Voce, che dirige le azioni dei sei giovani chiusi nella stanza buia durante la puntata, la spinge ad avvicinarsi al ragazzo che vuole ‘conoscerla con il tatto’. Venire eliminata perché non abbastanza reattiva e accondiscendente l’abbatte, soprattutto perché vede il suo sogno infranto. In seguito si sposa con Bruno Diore, un ingegnere informatico e l’anno seguente nasce Sammy, il loro primo figlio. Lascia il lavoro per consacrarsi alla maternità, sempre continuando a nutrirsi di programmi televisivi quali Les Anges de la téléréalité, Secret Story o L’île de la tentation. Per superare una forma di depressione intervenuta nel frattempo, il marito le consiglia di affacciarsi nel mondo virtuale di facebook, nel quale si sente subito a suo agio e che le offre possibilità che coglie al volo. Raccoglie la proposta americana Motherhood Challenge di scambiare e postare le foto dei propri bambini per ottenere il numero più elevato di like. Dopo la nascita della secondogenita Kimmy, Mélanie scopre anche Youtube ed il canale familiare Minibus Team. Inizia così a postare video che riprendono i bambini in varie situazioni della vita quotidiana creando una comunità di fans ai quali mostra la loro “felicità” . Intanto anche Bruno partecipa attivamente all’impresa familiare; ci sono sempre più ditte che chiedono di fare pubblicità e la vita dei bambini ruota intorno alle registrazioni dei video. Progressivamente, con le visualizzazioni sempre più numerose, gli sponsor si fanno avanti e il canale diventa una vera e propria impresa con 500/700 video ovvero 2/3 alla settimana e più di 500 milioni di visualizzazioni. Happy Recrèe è seguito da 5 milioni di abbonati; un video può avere più di 25 milioni di visualizzazioni. I bambini recitano mentre procedono all’Unboxing (vengono sommersi letteralmente di giocattoli e scatole da aprire facendo partecipare il pubblico in diretta) e ripetono i Gimmick come: Hello happy fan, guardate cosa facciamo oggi…; nell’80 per cento dei casi pubblicizzano caramelle, merendine ed altro cibo non salutare di marche sponsors.
Leggendo queste informazioni raccolte attraverso le indagini di Clara, mi sono immersa in questo mondo pensando inizialmente fosse una fiction ben costruita dall’autrice. Ho interrotto la lettura per cercare informazioni ed ho scoperto con orrore che sì, tutto questo accade veramente da decenni. I vlog familiari esistano realmente: la moda si è diffusa dagli USA in Europa. Anche in Italia prosperano costituendo un mercato che si insinua nel vuoto legislativo e che pone domande e riflessioni sulla ‘libertà’ di scelta dei minori, sulla gestione del loro tempo libero, sulla propagazione di valori basati sulla commercializzazione, sulla sovraesposizione mediatica e le conseguenze nella loro vita quotidiana e sul loro futuro.
Tra gli interrogatori che Clara realizza (si sospetta di un giovane vicino adolescente, di un ex amante di Mélanie, del titolare del canale concorrente Minibus Team) c’è quello a Loic Serment, creatore nel 2014 del canale Chevalier du Net. Dal 2016 questo youtuber era diventato una sentinella dello sfruttamento minorile sui social e l’anno dopo l’associazione Osservatorio della genitorialità e del digitale denunciava il Consiglio nazionale della protezione dell’infanzia per chiedere che i minori avessero almeno uno statuto come i piccoli attori o gli indossatori. Dopo quattro anni il governo francese sta discutendo un progetto di legge. Benché critico nei confronti dei genitori di Kimmy, Loic non risulta il responsabile del rapimento della bambina il cui autore verrà svelato alla fine del romanzo e porrà altri interrogativi sul senso della giustizia.
Tra interrogatori e riflessioni di Mélanie si svelano aneddoti, episodi e elementi che fanno comprendere la relazione tra fratelli e con la madre, convinta di perseguire il bene dei propri figli e della famiglia. Sammy e Kimmy hanno un legame molto forte anche perché vivono isolati dagli altri bambini, come dei piccoli divi impegnati a piacere ai propri fans e obbligati a mantenere l’audience. Dopo la scuola devono girare video giocando e scartando i prodotti da pubblicizzare o, nei fine settimana, farsi riprendere mentre sono in un parco d’attrazione sponsorizzato o in un supermercato.
Mélanie, abituata al bonheur creato e mostrato, è in preda a ricordi di episodi che aveva cancellato come quando Kimmy un giorno aveva fatto cadere la fotocamera e lei le aveva gridato tanto forte da far intervenire Sammy dicendo: Basta, è sempre tua figlia, una bambina! oppure quando Mélanie sorprende la figlia chiusa nella sala di registrazione mentre fissava la telecamera spenta e affermava di voler registrare un video per dire addio agli Happy fun per sempre…La scomparsa dagli schermi di una bambina la cui immagine è continuamente esposta in rete, oltre ad una funzionale strategia narrativa è anche la metafora che pone questioni cruciali sulla realtà e l’artificio, la verità e la finzione del mondo virtuale, sul ruolo dei social nelle nostre vite e sulla società della condivisione perenne ed istantanea le cui tracce restano indelebili nella rete e, per i piccoli, anche nella loro psiche.
P.
Entre critiques très positives et d’autres moins enthousiastes, on a beaucoup parlé, en France, du roman Les enfants sont rois de Delphine de Vigan, qui vient de paraître en Italie sous le titre Tutto per i bambini. Ce qui est certain, c’est que ce livre est indispensable car il ouvre une fenêtre sur le monde des Vlogs (Video Blogs) et l’utilisation des mineurs dans ces chaînes autoproduites qui sont presque toujours à vocation familiale. Même ceux qui ne sont pas totalement étrangers aux médias sociaux et qui les fréquentent modérément peuvent, comme moi, ne pas avoir eu conscience de ce phénomène et de ses implications juridiques et sociales. Une bonne raison de le lire, donc, outre le fait que Delphine de Vigan signe, une fois de plus, un roman bien écrit avec une fine construction psychologique des personnages et une intrigue qui joue magistralement sur l’élément temps.
Le récit se déroule en alternant le récit de Clara Roussel, jeune policière chargée de l’enquête pour la Brigade criminelle de Paris sur la disparition de Kimmy, fille de Mélanie Diore, mère/entrepreneuse et créatrice de la chaîne Happy Recrée, et la narration de l’origine et de l’évolution de cette surexposition médiatique.
À partir des procès-verbaux de Clara, qui analyse les stories publiées au fil des ans par Mélanie, à la recherche d’un indice, la reconstitution des années précédentes se déroule en flash-back en alternance avec le développement actuel de l’enquête pour retrouver l’enfant disparu. L’auteur déploie ainsi la psychologie des deux protagonistes: Clara et Mélanie, deux femmes qui représentent deux mondes éloignés et différents par leurs histoires et leurs personnalités. L’une est l’orpheline de deux anciens militants en ’68, qui a grandi sans télévision, entre les manifestations et une communauté d’adultes engagés et solidaires; l’autre vit en province d’où elle rêve de s’échapper et de devenir star à la télé. Clara, diplômée en droit à la Sorbonne, réussit le concours pour devenir policière. L’écriture de Delphine de Vigan ne manque pas d’humour pour dépeindre les environnements virtuels et réels de ces dernières décennies. Parmi les réflexions de Clara, il y a le souvenir de l’époque où, jeune étudiante, elle vivait en cohabitation avec un couple dont elle comprenait les tendances homosexuelles et le choix relatif de couverture de leurs familles traditionnelles respectives. Elle prend ensuite conscience de la diversité des mondes lorsqu’elle réalise que ses parents auraient été plus susceptibles d’accepter son choix de devenir une lesbienne plutôt qu’une policière. Elle comprend également la fragilité de la vie grâce à son histoire personnelle: son père est victime d’un accident de voiture alors qu’il allait acheter des croissants pour le petit-déjeuner et sa mère meurt l’année suivante d’un anévrisme. Elle continue de se rendre compte à quel point tout peut changer en une seconde dans sa vie professionnelle également, avec l’instruction des affaires criminelles les plus difficiles qu’elle résout depuis des années grâce à ses capacités d’observation, d’analyse et de déduction.
L’adolescente Mélanie, elle, regarde des émissions de télé-réalité comme Loft Story, en cachette de ses parents, membres d’une association qui s’oppose à leur diffusion. À 15 ans, elle suit, avec 11 millions d’autres téléspectateurs, la finale de l’émission tant aimée et rêve de devenir une star comme la finaliste. Après avoir obtenu son diplôme, elle s’inscrit à l’université à Paris pour étudier l’anglais et échapper au monde provincial; pour subvenir à ses besoins elle trouve un petit emploi dans une agence de voyage. Puis elle interrompt ses études et travaille à plein temps, retournant le soir dans son mini-appartement pour regarder toutes les émissions de téléréalité diffusées jusqu’à ce qu’elle décide, à l’âge de 26 ans, de tenter sa chance et de participer à Rendez-vous dans le noir, une émission diffusée du 16 avril 2010 au 11 avril 2014. Elle se présente à l’entretien où ils l’acceptent après lui avoir demandé si elle était toujours vierge. Mais cela l’arrête car la Voix, qui dirige les actions des six jeunes enfermés dans la chambre noire pendant l’épisode, l’incite à s’approcher du garçon qui veut “la connaître par le toucher”. Le fait d’être éliminée parce qu’elle n’est pas assez réceptive et docile la déprime d’autant plus qu’elle voit son rêve brisé. Elle a ensuite épousé Bruno Diore, un ingénieur en informatique, et l’année suivante, Sammy, leur premier enfant, est né. Elle quitte son emploi pour se consacrer à la maternité, tout en continuant à regarder des émissions de télévision comme Les Anges de la téléréalité, Secret Story ou L’île de la tentation. Afin de surmonter une dépression, son mari lui conseille d’entrer dans le monde virtuel de Facebook, dans lequel elle se sent immédiatement à l’aise et qui lui offre des possibilités qu’elle saisit aussitôt. Elle a relevé le défi d’une mère américaine en échangeant et en postant des photos de ses enfants afin d’obtenir le plus grand nombre de likes. Après la naissance de sa fille Kimmy, Mélanie découvre également YouTube et la chaîne familiale Minibus Team. Elle commence à poster des vidéos des enfants dans diverses situations de la vie quotidienne, créant ainsi une communauté de fans à qui elle montre leur bonheur. Entre-temps, Bruno participe activement à l’entreprise familiale; de plus en plus de firmes demandent à faire de la publicité et la vie des enfants tourne autour des enregistrements vidéo. Petit à petit, avec de plus en plus de vues, des sponsors se manifestent et la chaîne devient une véritable entreprise avec 500/700 vidéos ou 2/3 par semaine et plus de 500 millions de vues. Happy Recrèe est suivi par 5 millions d’abonnés; une vidéo peut avoir plus de 25 millions de vues. Les enfants jouent le rôle de l’Unboxing (ils sont littéralement submergés de jouets et de boîtes à ouvrir en faisant participer le public en direct) et répètent des gimmicks comme: Bonjour les fans heureux, regardez ce que nous faisons aujourd’hui… ; 80 % du temps, ils font de la publicité pour des bonbons, des snacks et d’autres aliments malsains des marques sponsors.
Au fur et à mesure que je lisais ces informations recueillies grâce aux enquêtes de Clara, je me suis immergée dans ce monde, pensant d’abord qu’il s’agissait d’une fiction bien imaginée par l’auteure. J’ai fait des recherches et j’ai découvert avec horreur que oui, cela se produit réellement depuis des décennies. Les vlogs familiaux existent vraiment: la mode s’est répandue des États-Unis à l’Europe. En France et en Italie aussi, ils prospèrent, en faisant évoluer un marché qui s’insinue dans le vide législatif et pose des questions sur la “liberté” de choix des mineurs, la gestion de leur temps libre, la propagation de valeurs basées sur la commercialisation, la surexposition médiatique, et les conséquences dans leur vie quotidienne et leur avenir.
Parmi les interrogatoires que Clara mène (une jeune voisine adolescente, un ancien amant de Mélanie, le propriétaire de la chaîne concurrente Minibus Team sont soupçonnés) figure celui de Loïc Serment, créateur en 2014 de la chaîne Chevalier du Net. Depuis 2016, ce youtubeur était devenu une sentinelle de l’exploitation des enfants sur les réseaux sociaux, et l’année suivante, l’association Observatoire de la parentalité et du numérique dénonçait le Conseil national de la protection de l’enfance pour exiger que les mineurs aient au moins un statut comme les petits acteurs ou les mannequins. Après quatre ans, le gouvernement français discute d’un projet de loi. Bien que critique envers les parents de Kimmy, Loïc n’est pas responsable de l’enlèvement de la petite fille, dont l’auteur sera révélé à la fin du roman et soulèvera d’autres questions sur le sens de la justice.
Entre les interrogations et les réflexions de Mélanie, se dévoilent des anecdotes, des épisodes et des éléments qui permettent de comprendre la relation entre la fratrie et leur mère, convaincue de poursuivre le bien de ses enfants et de sa famille. Sammy et Kimmy ont aussi un lien très fort parce qu’ils vivent isolés des autres enfants, comme des petites stars soucieuses de plaire à leurs fans et obligées d’entretenir un public. Après l’école, ils doivent continuellement tourner des vidéos où ils jouent et déballent des produits pour faire de la publicité ou, le week-end, être filmés dans un parc d’attractions ou un supermarché sponsorisé.
Mélanie, habituée au bonheur créé et montré, est en proie aux souvenirs d’épisodes qu’elle avait effacés, comme lorsque Kimmy avait fait tomber son appareil photo un jour et qu’elle lui avait crié dessus si fort que Sammy était intervenu en disant: Ça suffit, c’est ta fille, encore une enfant! ou lorsque Mélanie a surpris Kimmy enfermée dans la salle d’enregistrement à fixer la caméra éteinte et à prétendre qu’elle voulait enregistrer une vidéo pour dire adieu à ses fans pour toujours…
La disparition des écrans à cause de l’enlèvement d’une petite fille dont l’image est continuellement exposée sur le web n’est pas seulement une stratégie narrative fonctionnelle mais aussi une métaphore qui soulève des questions cruciales sur la réalité et l’artifice, la vérité et la fiction dans le monde virtuel, le rôle des réseaux sociaux dans nos vies et la société du partage pérenne et instantané dont les traces restent indélébiles dans le web et, pour les petites, aussi dans leur psychisme.
P.