Andros, l’isola dei gelsomini

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Chi non ha mai provato la tentazione di visitare un luogo perché è l’ambientazione di un film o di un libro amato? Programmando una vacanza ad Andros, una delle isole Cicladi, con amici amanti di viaggi e letteratura, questi ultimi mi consigliano un libro cercato appositamente perché ambientato nella cosiddetta Micra Anglia. Little England veniva chiamata Andros, nel periodo del suo massimo splendore commerciale e marinaresco anche perché autosufficiente con le sue sorgenti, la vegetazione varia, la ricchezza proveniente dalla vita in mare dei suoi uomini, di cui molti capitani ed armatori. Micra Anglia è il titolo originale del romanzo della cretese Ioanna Karistiani, pubblicato in Italia nel 2000 come L’isola dei gelsomini; romanzo molto apprezzato e premiato anche internazionalmente e da cui è stato tratto il film di Karistiani Voulgaris nel 2013.

Inizio dunque la lettura del libro già sul traghetto che dal porto di Rafina, in circa un’ora e mezza, arriva a Gavrio, nel nordovest dell’isola. Proseguo la lettura nei giorni successivi, tra un’esplorazione e l’altra dell’entroterra isolano per arrivare alle bellissime spiagge di Zorkos, Ateni, Agios Petros, immergendomi sempre più nella bellezza dei luoghi e nell’atmosfera del racconto. Con un paio di scooter, tra tornanti e strade a volte sterrate, arriviamo alla costa orientale: scegliamo le baie in base al meltemi, il vento secco e tepido che soffia sull’Egeo. Saliamo e scendiamo le alture assaporando i profumi di una macchia mediterranea dalla vegetazione varia e che immaginiamo fiorita del blu dell’eringio in primavera, e di altri fiori di arbusti e piante abbarbicate tra le pietre e la terra: more, ulivi, fichi, lentisco, agnocasto. Verso la costa si aggiungono eucalipti e tamerici; le buganvillee e i gelsomini colorano le casette rigorosamente bianche e azzurre che punteggiano le colline e i graziosi paesi costieri. Intanto la storia della famiglia Saltaferro si snoda insieme a quella del popolo di Andros, composto da numerose vedove di marinai, marconisti, capitani, secondi, mozzi: la quasi totalità degli uomini si imbarca da sempre per traversate transoceaniche trasportando merci e passeggeri.

Il filo conduttore del romanzo è il tragico amore tra il giovane marinaio Spiros Maltabès e Orsa Saltaferro, figlia della fredda e calcolatrice Mina e dell’amato padre Savas, sempre in mare o presso la sua altra famiglia argentina, tenuta segreta. Il dramma, che richiama le tragedie greche per i destini ineluttabili dei protagonisti e la forza dirompente dei sentimenti, si sviluppa in una quindicina d’anni, tra il 1929 e il dopoguerra, anni di sconvolgimenti mondiali che arrivano di riflesso anche nell’isola. La madre di Orsa rifiuta la domanda di matrimonio presentata dallo zio per conto di Spiros, partito in mare dopo la promessa d’amore con la giovane. Mina non considera i sentimenti dei due giovani ma solo l’incerta posizione economica del marinaio anche perché, come spiegherà l’immenso dolore recato alle figlie: Non bisogna sposarsi per amore per poter soffrire meno delle sventure che la vita matrimoniale riserva. E nell’isola si sussurra di sifilide, famiglie e amori in continenti diversi, tradimenti e vedovanze come accadimenti ordinari anche se celati publicamente.

Mentre è in mare, Spiros viene a sapere che Orsa è stata data in sposa al capitano Niko Vatokuzis. Quando tornerà ad Andros, finalmente capitano, benestante, animato da un senso di rivalsa e desideroso di vendicarsi, chiederà e otterrà da Mina la mano della secondogenita, la solare Moscha. Nell’arco degli anni Orsa coltiva segretamente e tenacemente l’amore per Spiros. Con la cadenza dei rientri nell’isola dei capitani nasceranno tre figli in ogni famiglia lasciando le donne tessere le relazioni, mantenere la casa ed i beni, crescere i bambini, soffrire, gioire ed intrattenersi tra ricordi, speranze, segreti.

La lettura del romanzo mi incanta per le sue atmosfere ed il ritmo ondivago di avvenimenti e dialoghi, stabili presenze femminili e assenze maschili, silenzi e rivelazioni, sullo sfondo di un’isola di contrasti. Percepisco questi chiaroscuri mentre leggo dalla terrazza di Ano Aprovato, sulla baia di Agia Marina e sotto la magica collina, sito archeologico dell’acropoli Ypsili, vestigia dell’insediamento di epoca Geometrica (VIII sec. A. C.). Vedo il blu intenso del mare, i colori del tramonto, il giallo-marrone della terra, il grigio delle rocce alternato al bianco e azzurro delle case, il verde della macchia. I colori sono ben presenti nel racconto della Karistiani: Orsa, dai lunghi capelli d’ambra, quasi un’ irrangiungibile Afrodite per gli isolani, indossa abiti color verde cipresso perché Spiros ne apprezza l’accostamento prima di vestire di nero alla morte dell’eroe, salvatore di tanti marinai silurati dai nazisti. Orsa, figura tragica simbolo dell’amore assoluto e vittima di un destino che non ha saputo o potuto cambiare, morirà di dolore lasciandosi deperire dopo aver rivelato il suo segreto alla sorella. Nel romanzo, al posto degli dei che muovono i fili delle vite umane, sono le condizioni di vita e le tradizioni che inchiodano le donne. Tradizioni ed usanze trasmesse da esse stesse come nel caso di Mina, sposa infelice, che perpetua il sacrificio del sentimento amoroso per la sicurezza economica e la preoccupazione di ‘sistemare’ due figlie femmine. D’altra parte, quando la sorellanza vince la gelosia e Moscha assiste Orsa ormai all’agonia, le rivelazioni sgorgano sincere, la resilienza prende il posto del risentimento e la prima afferma con amarezza e rimpianto: Se almeno avessimo potuto lavorare, studiare, avremmo potuto fare qualcosa d’altro, di utile, andare lontano.

Vivendo la dimensione isolana, anche se per pochi giorni solamente, comprendo meglio la scelta della scrittrice del topos letterario che simboleggia il confine netto e forte tra il limite e l’Altrove. Il porto è la frontiera tra il qui invalicabile perché circondato dal mare e l’oltremare dove il mondo lontano viene conosciuto dalle donne di Andros attraverso cartoline di luoghi esotici, regali improbabili, oggetti/souvenir di posti irraggiungibili ma presenti come ponti tra mondi e culture diverse, ricordi di viaggi, incorporati ed esposti sui mobili, nelle cristalliere o conservati in bauli e scatole.

Al termine della lettura ci rechiamo a Chora, capoluogo dell’isola per ripercorrere i luoghi evocati dal romanzo. Diversi sono i posti dei primi incontri segreti dell’allora diciassettenne e diciannovenne Orsa e Spiros: il ponte, la spiaggia di Piro ed altri, in un percorso che la protagonista continuerà per anni a intraprendere in passeggiate nostalgiche e dolorose chiamate il circuito Maltabès.

Andiamo poi al porto per imbarcarci per una gita che ci porta alla splendida spiaggia di Akla, non raggiungibile con gli scooter. Il mare cristallino invita ad esplorazioni a nuoto tra le grotte e alla salita verso il sentiero che in un paio d’ore circa porta al Monastero di Agios Nikolaos: Andros è anche il paradiso dei camminatori con i suoi 100 km di percorsi vari.

Tornando da Akla, il nostro capitano dirige l’imbarcazione verso il vecchio porto, location anche del film, passando lentamente tra i faraglioni in modo da ammirare la fortezza e il faro al tramonto. Sapientemente sceglie una dolce musica di sottofondo che ci commuove ed evoca la nostalgia che tante donne, vecchi, orfani e abitanti di Andros devono aver provato mentre dal molo proiettavano lontano lo sguardo, oltre l’orizzonte, cercando una vela, la silhouette di una nave, come le protagoniste del romanzo.

P.

p.s. il romanzo è introvabile nelle librerie ma, per fortuna, è disponibile in diverse biblioteche tra cui l’eccellente Biblioteca Europea di Roma, Via Savoia 13/15
00198 Roma. Tel.0645460683

P.

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