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A Malta, nella Concattedrale di San Giovanni, sono conservate due opere importanti di Michelangelo Merisi da Caravaggio, detto Caravaggio: La Decollazione di San Giovanni Battista e il San Girolamo Scrivente, figlie degli ultimi e tormentati anni di vita dell’artista. La prima è la sua opera più grande per dimensione, la seconda, diversa dall’iconografia usuale nel rappresentare il Santo seduto a scrivere, è la mia preferita. Entrambe furono dipinte nel 1608 quando l’artista viveva a Malta, sotto la protezione del Cavaliere fra’ Francesco dell’Antella, con la speranza di entrare nell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni e avere così l’immunità per la condanna a morte che gli pendeva addosso. Pena, non a caso, la decapitazione.
Non mi soffermerò a parlarvi delle opere del Caravaggio, della loro bellezza, della rappresentazione intima e profonda di San Girolamo in contemplazione nel suo studio, né della grandezza evocativa del fascio luminoso che fa risaltare la tragedia di San Giovanni. Vi racconterò, invece, del furto della tela San Girolamo Scrivente e del suo rientro a Malta, dopo due anni di ricerche, grazie al prezioso lavoro investigativo di Padre Zerafa, Professore e Storico dell’arte dell’Angelicum, all’epoca, a capo dei Musei nazionali maltesi.
Nel 1984 tre uomini si sono introdotti nel Museo della Concattedrale di San Giovanni vestiti da operai. All’ingresso hanno sistemato un cartello con scritto “lavori in corso” e si sono presi il tempo che occorreva per tagliare finemente la tela dalla cornice, ripiegarla e lanciarla dalla finestra. I ladri hanno provato a vendere il dipinto, senza successo, così hanno deciso di chiedere al Governo mezzo milione di lire maltesi (oggi un milione di dollari), minacciando di bruciare il famoso dipinto se non fosse stato consegnato. Il vescovo e il ministro della Cultura, non volendo incentivare future richieste di riscatto, né legittimare trattative con i criminali, rifiutano di pagare la cifra richiesta.
Un giorno, nel 1986, un uomo si avvicina a Padre Zerafa e gli consegna una busta con una polaroid del dipinto scomparso, intimandogli di non rivolgersi alla polizia. La richiesta di riscatto è sempre la stessa. Il professore mantiene un canale aperto con i ladri, nel tentativo di negoziare il prezzo del riscatto e di agevolare le indagini. Riesce, addirittura, a ridurre il prezzo di un terzo rispetto a quello che era stato richiesto in origine.
Nel frattempo i ladri tagliano dal dipinto delle strisce, a testimonianza di averlo in loro possesso e gliene inviano alcuni pezzetti. Lo stanno lentamente distruggendo. Arrivano a chiamare Padre Zerafa anche tre volte al giorno, per controllare a che punto sono le trattative e lo stato della loro richiesta. Grazie a questi contatti, la polizia, con il supporto di un giovane esperto di tecnologia, riesce a risalire al luogo dal quale partivano le telefonate: una piccola fabbrica di scarpe a nord dell’isola di Malta. I ladri vengono arrestati e San Girolamo Scrivente torna “a casa” un pochino ammaccato. Dalle indagini successive si è scoperto che i malviventi avevano intenzione di rapire anche Padre Zerafa. L’opera recuperata ha subito molti danni, a causa dei tagli, delle piegature e della custodia inappropriata. Il suo restauro viene affidato, con un volo militare messo a disposizione dall’Ambasciata Italiana, all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e poi restituito a Malta, dove oggi si trova ospitato nella concattedrale di San Giovanni a La Valletta. Una storia a lieto fine che non ha visto passaggi semplici. Padre Zerafa, in modo scherzoso, racconta nel suo libro Caravaggio Diaries (2004), che era “più facile avere a che fare con la mafia che con i ministri e monsignori!” Il Governo e le autorità ecclesiastiche infatti non avevano preso sul serio il caso del Caravaggio scomparso. La mafia almeno era disponibile al dialogo.
PHOTO CREDITS: Enza Sola per la foto di copertina mentre La Valletta e Bandiera/mappa – Pixabay con Artisti vari